domenica 19 giugno 2016

LA FEMMINA (TROPPO) NUDA. OSSERVAZIONI SULLA CINQUINA DELLO STREGA.


Ho letto ‪#‎lafemminanuda‬ della Stancanelli in circa tre ore, davvero poco per un libro che mi aspettavo bello, dolente e, chissà perché, profondo. Invece ci ho messo una serata, stupendomi, ad ogni pagina, di quanto in fretta tutto mi passasse davanti, senza mai colpirmi. 

Diamine, l'idea è intensa!

Si trattava di affrontarla con una scrittura lucida e ferita, di scavare nell'inferno che ci portiamo dentro e che è pronto ad esplodere da un istante all'altro, nelle miserie di cui non ci crediamo capaci e che, invece, ecco comparire nei nostri gesti, all'improvviso, azioni di cui noi stesse ci vergogniamo e ci vergogneremo per tutto il resto della vita...

Quindi un tema pulsante, carne e tagli, parti molli, esposizione. 

Ecco,se ci si aspetta di trovare tutto ciò, meglio lasciar perdere. 

Una donna, una scrittrice non può, non deve tradire il linguaggio femminile, invece la nostra autrice lo fa, e lo fa con un preciso scopo, quello di sembrare "moderna", o dovrei dire "alla moda". 

Un linguaggio sciatto, sporco, e non di quella sporcizia che rasenta il sublime o che lo rispecchia nel suo opposto. No, semplicemente piatto, stitico, a tratti inutilmente volgare, quasi banale. I dialoghi ( la bestia nera degli scrittori italiani contemporanei...) sono praticamente inesistenti, non perché non ci siano ma perché scompaiono in questo flusso che è nulla, che non è dolore, che non è respiro, che non è nemmeno tentativo di conoscenza di ciò di cui si narra. 

Questa donna, lasciata e tradita, non fa che piangere e bere eppure non si sente il calore delle sue lacrime né il puzzo di alcol nelle parole scritte. Dovrebbe far pena, dovrebbe farci sentire vicine a lei, oppure dovrebbe farci arrabbiare, invece annoia, annoia e basta. 

Scivola addosso questo libro senza lasciare che un senso di delusione, come un'occasione perduta, qualcosa che poteva essere e non è stato, non per scelta, ma per un limite fisiologico e psicologico che risiede in chi lo ha scritto.

Questo limite sta tutto, io credo, nell'incapacità di esporsi veramente, in una sorta di autocensura che non è del personaggio ma di chi narra e, prima ancora, di chi scrive. Non si può e non si deve raccontare una storia così con questa leggerezza che non è ironia né, tantomeno, distacco.Un vero peccato, una bella idea sprecata...

Giusto per chiarire ancora. 

Prendiamo uno Scrittore, un vero scrittore, non conta se sia maschio o femmina, leggiamo un brano: 

" E' solo che al mondo non esiste un tipo di sofferenza adatto a me, né il tipo di compassione adatto a te; non c'è parola al mondo che possa sanarmi; non posso disfarmi della penitenza - è una cosa che sta al di là della fine di tutto- è sofferenza inestinguibile, è come dormire troppo poco; è come tutto quello che non ha proporzioni. Io non chiedo nulla, perché non c'è nulla che si possa dare o si possa avere - com'è primitivo essere capaci di ricevere..."

 Ecco, queste sono le parole di una donna, una donna in conflitto con l'uomo col quale vive e col mondo stesso. 

Confrontate questa, che è Scrittura, con il libro di cui sopra. E poi mi dite...