Beati quelli che non conoscono l’angoscia. Beati quelli che
non sentono la paura quando arriva all’improvviso. Beati tutti quelli che non
vedono. Beati i poveri di spirito perché di costoro è questo mondo. Beati i
contadini che la fatica non li fa pensare. Beati quelli che prendono un aereo e
se ne vanno via. Beati quelli che sanno dire basta. Beati quelli che l’aria è
solo per respirare. Beato il cuore di coloro che non sanno piangere. Beata la
vita dei guidatori di SUV, beato il cervello dei mangiatori di carne. Io vi
invidio, maledetti, invidio i vostri sorrisi, invidio la calma con cui sapete
stare in piedi, invidio l’assenza di tremori. La vita tranquilla vi invidio, il
sangue gelido che vi scorre dentro, perché non smetterò mai di fremere in
questo modo doloroso. Mi sentirò sempre in bilico. Tutti avranno potere su di
me, un cane morto, il vento freddo, l’abisso, l’avarizia. Io non so vivere
senza espormi. Non ci so stare qui volendo stare altrove, non mi limito, non mi
accontento, non mi risparmio per tempi peggiori, non controllo la mia ansia di
vita, i miei sogni. Non so dosare, non regolo il QB, la giusta quantità. Non la
conosco, non la voglio usare. Un giorno finirò, e sarà un giorno qualunque,
forse sarà domani, forse oggi stesso. E avrò vissuto conoscendo la mia
limitatezza, le mie povere ossa. Avrò vissuto la vita che tutti dobbiamo vivere
credendo nel bene da poter dare, confidando nella generosità. Beati voi, umani
disperatamente lontani. E mi lamento, imploro, piango e maledico i vostri
programmi, le vostre pacatezze. Voi le rimpiangerete un giorno. Vi dispererete
per i vostri telefoni spenti, per le porte chiuse, per lo sguardo disattento
che avete portato in giro. Avrete nostalgia delle scelte non operate, dei
rammendi continui. Io vi rimprovero tutto questo e molto altro ancora. Non è
così che dobbiamo stare al mondo, non per questo abbiamo parole e cuori e
polmoni. Il fiato corto è solo un impedimento che ci imponiamo. L’ictus è
l’arresto di ciò che non serve a nessuno. Sono vana e inutile e non esisto per
chi non mi vede. Io sono foglia e sono terra e sono mosca e formica e grano.
Quando sarà il momento non voglio sapervi al mio capezzale. Giratevi dall’altra
parte, non voglio i vostri occhi su di me. Non so che farmene delle promesse,
dei giuramenti disattesi. Non voglio i vostri entusiasmi di un momento, le
vostre progressioni e le ritirate repentine. Voi siete umani, troppo umani. Io
non vi ri-conosco. In questa vita io non ci so stare. Non sento il calore del
vostro fiato. Il freddo non mi piace. Ma sto con voi, umani malnati, uomini
senza coraggio, donne senza orgoglio. Sto con le vostre inconsistenze, con i
vostri “io,io,io”. Voi non mi avete, non ve la do la chiave. I vermi che
smuovono la terra sanno bene il loro lavoro, lo sanno fare. Ci vedono meglio i
cuccioli ciechi di topo che i vostri grigi acquosi occhi. Vivere, per voi, è
solo un verbo da coniugare al singolare. Non sapete accarezzare, non sapete
annullarvi, non sapete ascoltare. La mia voce non serve a nessuno di voi, né
serve il mio pianto. Io piango per me che non vi appartengo. Non voglio scrivervi
mai più, non so usare il vostro idioma. Le mie parole non vi toccano, armature
potenti avete, io sono nuda. Io sono nuda e ho freddo. Le mie braccia dovranno
allungarsi e solo così qualcuno mi potrà abbracciare. Sarò io stessa, io sarò a
dirmi parole disumane e piene. Sarò io ad ascoltarmi. Io sola.
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