mercoledì 6 aprile 2016

PICCOLA GUIDA AL CONCORSO 2016. PARTE SECONDA. LA LINGUISTICA.

Il concorso 2012 aveva, tra le sue tracce, questa: 
Esplicitare le principali differenze tra lingua scritta e lingua parlata in vista di specifici percorsi di sviluppo delle abilità linguistico-comunicative.

Bene, proviamo a tracciare una scaletta.


In primo luogo riflettiamo sulla trasversalità della lingua italiana, da materia con un proprio statuto disciplinare a materia contaminata, veicolo per l'apprendimento. 
L'UE, nel definire il concetto di "curricolo per competenze chiave", indica la L1, ossia la lingua madre, come uno strumento base per raggiungere tali competenze. Vi rimando per questo alle otto competenze chiave ed al curricolo verticale, nonché al concetto di longlife learning.

Ne consegue, quindi, che l'insegnamento di L1, collocato nell'asse linguistico, travalica tali confini e si colloca in un quadro più ampio, destinato all'acquisizione del saper fare, e, meglio ancora, per usare una definizione famosa, del "saper fare con ciò che si ha".
L'educazione linguistica è il primo segno di democrazia di una scuola e di un ente di formazione ed educazione nazionale, poiché essa stessa è democratica, garantendo a tutti i mezzi per il raggiungimento del diritto alla parola e, quindi, del diritto alla cittadinanza ed alla cittadinanza attiva.

Il mondo attuale, così influenzato da enti informali di formazione, sta vivendo una sorta di ritorno alle identità dialettali, soprattutto nelle aree interne e nelle classi sociali meno colte, ossia che meno hanno necessità, o meno credono di averne, di esprimersi su più livelli comunicativi e con differenti registri linguistici. Il dialetto, ovviamente, come eredità identitaria e culturale, non va demonizzato né censurato, nemmeno all'interno dell'ambiente di apprendimento scolastico. 
Tuttavia bisogna fare in modo che non accada il fenomeno opposto, ossia che alcuni gruppi di persone non si rivelino più in grado di utilizzare la propria lingua madre e, quindi, vengano esclusi dalla partecipazione attiva e democratica alla vita del proprio paese, rinunciando a sviluppare in loro le competenze chiave.

Punto fondamentale dell'insegnamento della lingua, quindi, è il percorrere l'Asse diafasico, ossia l'incontro tra l'italiano parlato, quello degli alunni, e l'italiano "aulico", burocratico dello standard scolastico. Senza questa consapevolezza, ossia senza lo sforzo a voler e dover migliorare le complessive capacità socio-semiotiche e linguistico-culturali per TUTTI non c'è formazione e non c'è democrazia nel processo di insegnamento-apprendimento.

Parole chiave sono:
-mobilità= al fine di raggiungere un traguardo minimo, sapersi dislocare su piani comunicativi diversi, smontando e rimontando le strutture linguistiche;
-dialogicità= l'azione costante del formatore di porre domande, problematizzare senza mai fornire soluzioni precostituite, comunicare intersoggettivamente.
In tal senso, la mobilità si definisce più complessivamente in sintattica-testuale e cognitiva.

Nella lingua scritta, ciò che risulta fondamentale è l'attività di combinare frasi, acquisire e far acquisire consapevolezza delle differenti scale di combinazioni dei testi e delle frasi, salvaguardare e insistere sulla dinamicità del progetto testuale di ciascuno, senza voler imporre schemi prestabiliti.L'educazione alla testualità deve essere graduale, così come graduali devono essere le proposte testuali stesse. Risulterebbe assai utile, ad esempio, spingere progressivamente gli allievi a divenire autori, elaborando ipertesti, per poi portali alla lettura e, quindi alla produzione di testi analitici.( cfr. la mobilità di cui sopra)

Di fronte ad una lingua parlata così povera spesso e ad una lingua scritta che risente, ancora di più, delle nuove tecnologie di comunicazione che addirittura suggeriscono ( si veda il linguaggio intuitivo T9) cosa scrivere e come, bisogna attivare strategie basate sugli spostamenti, ossia diversificare situazioni e compiti nell'interazione verbale della classe.
Fondamentali divengono la condivisione, la collaborazione e l'interazione verbale nella classe che è comunità di apprendimento.

In questa comunità TUTTE le lingue presenti debbono necessariamente intrecciarsi e dialogare tra loro, l'interazione verbale si sostanzia
-nel creare ambienti di apprendimento diversificati, integrando sempre oralità e scrittura
-utilizzare la funzione euristica della lingua parlata e del parlato in generale
-creare livelli che si caratterizzino per un dislivello informativo, in modo da far confluire nell'ambiente classe una varietà di dati che, poi, insieme, verranno socializzati, condivisi ed integrati.

I miei sono spunti. Potete decidere se approfondire un aspetto o un altro. Il mio consiglio è quello di insistere molto sulla democraticità, sulla trasversalità, sugli assi, in particolare quello diafasico, sulle strategie  di mobilità cognitiva e su quelle di interazione e di dialogo.

Buon lavoro.
Eldarissa


1 commento:

  1. Sono a vostra disposizione per chiarimenti, dubbi, perplessità e quesiti.

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