martedì 5 aprile 2016
OGGI.
oggi, da sola, per
strada, di ritorno da scuola, ho pensato di poter morire. le terre d'altura,
che tante volte avevo sentito madre, sorella, complice, confidente, amica, oggi
mi sono apparse ostili, pronte a spezzarmi, a infrangere la mia esilissima esistenza.
oggi come mai prima ho avvertito la morte del mondo, di questo mondo, così
attento, guardingo, così pronto a divorare ogni essere che ancora pulsa e vive.
un generale invisibile e spietato che non fa prigionieri, che fucila alle
spalle, che si diverte a guardare languire i suoi figli, mai amati, mai voluti
se non per offrirli poi come martiri. ogni singolo metro di asfalto che
divideva gli alberi, ogni casa mal riuscita, vomitata dal gran naufragio
dell'ultimo tremito delle argille, ogni infisso di alluminio, ogni cartello con
su scritto "vendesi" attaccato ad abitazioni abbandonate e sordide
nel loro osceno esporsi di pilastri e di cemento armato, ogni deposito di
materiali edili ormai desueti e fattisi tutt'uno con la roccia denudata,con la
cava aperta nel fianco, ferita sanguinante e mai richiusa, mai curata, ogni
rosa, verde, giallino, bianco dei muri sporcati dall'umidità mi erano addosso,
implacabili, invitandomi,prima, flessuosi e, aizzandomi poi volgari, alla resa,
a una richiesta di tregua che nascondeva -lo so- il supplizio capitale. oggi il
mio sguardo si è fatto più lucido, le mie mani si sono rattrappite in uno
sforzo estremo, nel tentativo di aprirmi un'uscita, un varco da questo luogo
che non è domani, né ieri ma solo oggi, solo ora, solo un adesso circolare,
sempre muto, astioso, stizzito, sempre invidioso del bene, del respiro, della
vita. come i corpi dilaniati delle giovani volpi di marzo, dei porcospini, dei
gatti, dei cani, strazianti lapidi a quel procedere che è invece stare immobili,
testimoni silenziosi e cruenti del compiaciuto e voglioso desiderio di carni,
di fremiti, di battiti che questa terra chiede. gli occhi sempre puntati sulla
preda, semichiusi nello sforzo di puntare chi barcolla, chi sta per cedere, chi
non ha più forze. occhi che precedono mani facili a spingere nel vuoto di cui
si ciba,mandanti di nuovi sacrifici, ingorde, con le fauci spalancate, aperte
senza ritegno a svelare un fondo mai pieno, mai sazio, mai pago. oggi ho
avvertito, con quella parte che conserva l'istinto animalesco e salvifico di
sopravvivenza,e per questo più vero, più acuto, che non c'è vita qui, solo un
inerte resistere, affannarsi, sfiancarsi vano. i dolori di coloro che
percorrono questi luoghi non si incontrano, si inginocchiano su suoli
diversi,pregano a voce troppo bassa, aprono le braccia, tendono le dita fino
all'estremo sforzo ma non si toccano. solitudini ferme con intorno altre
solitudini, disperazioni mai ascoltate che non sanno accogliere altre
disperazioni. nessun andare avanti, nessun progredire, solo un immobile e
risentito stare e stare qui. nessuna speranza , nessun alito di vita, nessun
attimo di bene, una lontananza siderale, come siderale è il silenzio di ultima
stella ormai morta ma ancora visibile nel cielo. nuovi sacrifici pretende
questa terra, ogni giorno nuove vittime, nuovi sacerdoti, asserviti, indolenti,
svuotati,ciechi, canne nel quale soffia il vento di tramontana, corpi senza
voce. nuovi adepti per il suo culto di dannazione e di morte. (e. m.)
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